Google cultura

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Non si possono commentare le decine di stupidate che si leggono quotidianamente su Google, Facebook, forum, gruppi, fan page e tutto il resto… e chissà perchè meno uno le cerca, più ti capitano davanti. Esempio di oggi:

i cani a pelo raso dovrebbero essere soppressi… Tra l’altro è un tipo di pelo che non esiste in Natura. Hai mai visto un lupo a pelo raso? Non dà la minima protezione e oltretutto è anche imbarazzante… Per noi e per loro che si sentono nudi ed esposti. Anche i cani hanno un senso del pudore, tant’è che abbassano la coda per coprire la zona genitale. Secondo te perché i dobermann impazziscono? Non crederai a quell’assurda storia della scatola cranica che non continene il cervello? La vera ragione è che la combinata coda amputata + pelo raso è troppo anche per loro.

Vogliamo commentare? Ma anche no! Se cercate gruppi per commentare queste stupidate ne troverete a migliaia sulle medesime piattaforme (Facebook, Google, forum, ecc…) e chissà che un giorno non mi svegli col piede sbagliato e ne trovi uno anche io che mi sta particolarmente sulle balls. E soprattutto vivo confrontandomi con boiate e leggende metropolitane quotidianamente. “Il cavallo mangia solo avena”, “il cavallo ha la pancia per il fieno”, “il cavallo ha la dermatite, curiamola con la benzina”, “il cavallo in colica si cura col diuretico e la cocacola”, e migliaia di altre…

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Quello che mi è capitato è invece l’opposto. Perchè vero è che il web è una immensa fonte di boiate e anticultura, ma è vero anche che qualche soggetto con un quoziente intellettivo minimo potrebbe anche trovarci qualcosa di serio. E che da queste stupefacenti scoperte potrebbe trarne domande da fare al veterinario, così, per curiosità, per cultura personale. Magari sarebbe il caso che il veterinario sapesse anche rispondere e spiegare le sue ragioni e terapie! Perchè il non dare spiegazioni non vi rende più professionali, anzi. E se vi rendete conto di non saper dare risposte e che l’unica cosa che vi viene in mente è “eh ma ho sempre fatto così” sarebbe il caso di tornare a ripassare un paio di cosette e magari di acquistare qualche libro nuovo scritto dopo il 1950, così, per curiosità, per cultura personale!

Il diario anti follia

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Qualcuno si starà chiedendo perchè un veterinario decide di aprire un blog e vomitarci dentro incazzature, follie, bestialate (oltre che naturalmente qualche soddisfazione e racconto simpatico, ogni tanto…).

Io non so voi ma da piccola avevo un diario segreto (anche più di uno). Ai miei tempi se papà e mamma ti rimproveravano non c’era il telefono azzurro, Maria De Filippi, Daria Bignardi, la polizia, i carabinieri e l’esercito che intervenivano a salvarti dal “maltrattamento e violenza infantile” in atto… tu dovevi star zitta e inghiottire il fiume di rabbia e testardaggine che ti veniva fuori dal petto. In caso contrario papà ti faceva ingoiare la lingua a calci in culo… così tutti i ragazzini, me compresa, scrivevano un diario di pensieri, frustrazioni, gioie e dolori infantili.  Che a leggerli oggi fan ridere…

Una delle pagine che ho letto più di recente si prodigava in parolacce assortite verso mio padre (la peggiore che ho trovato era “scemo”) perchè mi impediva ingiustamente di applicare un tatuaggio lavabile trovato nelle patatine sul braccio prima di un matrimonio. Il che evidentemente mi turbò profondamente…

Consapevole però di aver attraversato una tragica fase della mia vita con questi fedeli diari ho quindi deciso di cercare di superare, o almeno sopravvivere, a questa ennesima fase tragica della mia vita grazie ad un “diario” informatico. 

Sono un veterinario, sono giovane, sono laureata da appena un paio di anni, ho fatto esperienza all’estero e adesso lavoro (o almeno ci provo) come libero professionista in una regione del sud italia.

Qui purtroppo i problemi sono molteplici e vanno dall’ignoranza dilagante del proprietario medio, alla saccenza immotivata dei veterinari più vecchi ed “esperti” fino alla ovvia mancanza di strutture.

Avrò decine di post per lamentarmi dei proprietari, delle teorie assurde sull’alimentazione, la gestione, il management e la cura di patologie varie ed eventuali con diagnostica ad occhio, ma quelli in cui prendo a pedate metaforiche il collega “anziano” o quello “di moda” purtroppo sono ben più rari. Anche perché per quanto io possa essere consapevole delle mie ragioni, qui si usa ancora che non vale di più chi studia, chi ha esperienze e conoscenze ben più moderne, chi si aggiorna, chi cerca di stare al passo con i tempi, qui vale l’età anagrafica e quanti aghi sei in grado di piantare addosso ad un equino contemporaneamente. Io ho trovato clienti che negli anni avevano speso centinaia di euro in infiltrazioni ovunque perché il cavallo era sempre corto, svogliato, zoppicante, “tocca barriere” a seconda delle fasi lunari. Quando hanno incrociato me hanno risolto con una analisi del sangue, una diagnosi e una terapia di un mesetto. Fine dell’essere corto, svogliato e “tocca barriere”. E pensare che all’inizio mi domandavo come avrei fatto a gestire un cavallo che faceva 10 infiltrazioni al mese (io difficilmente infiltro, anzi se posso evitare meglio ancora) e che veniva da uno dei veterinari più quotati della zona. Cavallo rinato, proprietario grato e pagante e per me grande soddisfazione.

Clienti guadagnati così ne ho avuti diversi, basta l’evidenza di una analisi del sangue per sputtanare un collega che si tira fuori robe inventate da tempo. Il proprietario sa leggere, si rende conto di essere stato preso per il culo e di solito manda affanculo chi di dovere.

Io non ho alcun interesse ad andare contro i miei colleghi ma se vengo interpellata e le analisi mi dicono malattia infettiva, non la faccio certo diventare acidosi per far piacere a qualcuno, così come una piroplasmosi non la riduco ad una leggera anemia. Io faccio il mio lavoro, non rubo soldi, non mi arricchisco e non mi interessa arricchirmi sulla pelle dei cavalli né dei proprietari né dei colleghi. Ma sono onesta. E sono allergica alle cazzate. Quindi auguro un buon lavoro a tutti, soprattutto a me!

La colica, il vet, il papà e il cavallo incazzato

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Quando immaginiamo una colica, tutti pensiamo ad un veterinario che corre, ad un proprietario in ansia, ad un cavallo che soffre.

In realtà, spesso, dovremmo immaginare un veterinario che si prodiga in consigli telefonici e che se la prende con tutta calma, ad un proprietario che fa di tutto per risolvere telefonicamente il problema, quando va bene, altrimenti neanche si disturba a chiamare il vet, fa da se, chiede all’istruttore di passaggio, al maniscalco, al groom indiano (che annuisce senza capire spesso una cippa), al cuGGino (il cui vicino di casa ha un nonno che ai tempi suoi era un noto allevatore di vacche), all’idraulico, al dirimpettaio…
O la cosa si risolve da se e il cavallo decide di darsi una sistemata da solo prima di avere una collezione di bubboni da iniezione andata male su tutto il collo, oppure il proprietario si rassegna e chiama il veterinario.
– Dotto’, c’ho il cavallo con il mal di pancia –

All’altro capo della cornetta il veterinario di turno tentenna. Sonda la situazione con alcune semplici domande
– Da quanto sta male? –
Il proprietario – Mah, sarà da ieri che non sta benissimo…-
Traduzione: “non ne ho idea, ieri passando di qui ho visto che rimbalzava nel box, metteva a soqqadro tutto, stava a pancia all’aria, prendeva a testate la parete…”

Seconda domanda di rito
– Gli hai già dato qualcosa? –
A questo punto i proprietari di solito o sono assolutamente sinceri o sono completamente idioti.
– L’istruttore/cuGGino/groom dice che è renale e gli ho fatto il diuretico –
Il veterinario a questo punto, a seconda del carattere e dell’esperienza, o diventa una iena o lascia perdere e rinuncia.
Io sono di quelli che ancora diventa una iena.

Terza domanda
– OK, facciamo che avvicino io e vediamo che si può fare. Dove ti trovi? –
La risposta anche qui può essere chiarissima con tanto di voce ansiosa e destinazione della scuderia inviata direttamente attraverso Google Map o essere totalmente evasiva.
– No ma sai… magari mi dici cosa fargli… –
Traduzione: “non ho voglia di spendere soldi, non li ho e se li avessi non li darei a te!”
Anche in questo caso il veterinario reagisce in maniera diversa. o con un bel vaffanculo, perchè somministrare farmaci ad un cavallo in colica che non ha visitato è una boiata, oppure cede e detta per filo e per segno una terapia “ad cazzum”.
Io sono dalla parte del vaffanculo.

E il vaffanculo lo riservo di solito anche ai colleghi che dispensano consigli telefonici per cavalli che non hanno visitato, che non conoscono e di cui non sanno niente.

Anche perchè quando il metodo fai da te e i consigli del “telefono amico vet” fanno cilecca, un veterinario particolarmente scemo a mezzanotte viene chiamato e ci va anche! E all’arrivo trova un animale che soffre da giorni, con un diuretico addosso che l’ha disidratato e ha peggiorato il quadro generale, che sta morendo di dolore e che, diciamolo, è anche un po’ incazzato…
Magari il veterinario scemo riesce anche a recuperare le condizioni della povera bestia, ci passa assieme uno o due giorni con le flebo attaccate, i sedativi e gli antidolorifici accuratamente dosati e utilizzati, il freddo, il caldo, la stanchezza…

E alla fine quando l’equino torna a somigliare ad un essere vivo, a mangiare, a bere e a guardarti senza volerti uccidere, se la fattura ti fa saltare le coronarie, impara che se mi chiami subito invece di aspettare giorni, chiamare gentaglia e chiedere consigli magari la prossima volta mi paghi solo la visita…